martedì 7 ottobre 2025

L’Algoritmo dell’Anima

Non ti stimare saggio da te stesso, temi il Signore e allontanati dal male;  questo sarà la salute del tuo corpo e un refrigerio alle tue ossa. Proverbi 3:7-8

Tiago viveva in un mondo di dati, metriche e ottimizzazione. A ventisei anni, era il CEO di una startup di successo che creava applicazioni per la produttività. Il suo motto, stampato su magliette e tazze in ufficio, era: “Se non può essere misurato, non può essere migliorato”. Era, ai suoi stessi occhi, la personificazione della saggezza moderna.

Applicava questa logica a tutto. La sua dieta era calcolata per la massima performance. La sua routine del sonno era monitorata da sensori. Le sue relazioni erano valutate sulla base di “scambi di valore” e “sinergia di obiettivi”. Aveva persino creato un algoritmo personale per prendere decisioni, ponderando pro e contro con una precisione matematica. Per lui, il male non era una categoria morale; era semplicemente “inefficienza”. E il timore di Dio era una variabile irrazionale che aveva eliminato dalla sua equazione di vita molto tempo prima.

Il suo corpo, tuttavia, iniziò a inviare segnali che qualcosa era fondamentalmente sbagliato. Soffriva di emicranie croniche, una tensione costante alle spalle e un’insonnia che nessuna app di meditazione riusciva a curare. Sentiva una stanchezza profonda, una fatica che non era fisica, ma che sembrava provenire dalle sue ossa.

Il suo medico, il Dott. Elias, un uomo anziano e perspicace, fu diretto dopo una serie di esami.

“Tiago, i tuoi esami sono perfetti. Fisicamente, sei una macchina. Ma sei malato. La tua malattia si chiama arroganza.”

Tiago rise, a disagio.

“Questa non è una diagnosi medica, dottore.”

“Forse è la più precisa che tu abbia mai ricevuto”, rispose il medico. “Tratti la tua vita come un codice da correggere. Ma la vita non è un codice. E il tuo corpo sta pagando il prezzo dello stress di cercare di controllare tutto. Ti consideri troppo saggio, e questa superbia ti sta consumando dall’interno.”

Tiago respinse il consiglio come una sciocchezza. Ma il seme del dubbio fu piantato.

Il punto di rottura arrivò attraverso suo nonno, Signore Ramiro, un falegname in pensione che Tiago visitava per un misto di obbligo e affetto. Un sabato pomeriggio, trovò il nonno nel laboratorio sul retro, mentre levigava un pezzo di legno con una pazienza infinita. L’aria profumava di cedro e pace.

“Sono esausto, nonno”, si sfogò Tiago, cosa che non avrebbe mai ammesso al suo team. “Sento come se le mie ossa fossero stanche.”

Ramiro smise di levigare. Si asciugò il sudore dalla fronte con il dorso della mano e guardò il nipote.

“La stanchezza delle ossa è stanchezza dell’anima, figlio mio. Succede quando cerchiamo di portare il mondo sulle spalle. Il mondo è troppo pesante.”

“Ma devo portarlo”, insistette Tiago. “Se non lo faccio io, tutto crolla.”

“È qui che ti sbagli”, disse il nonno, con un sorriso gentile. “Sai qual è il legno più forte? Non è il più rigido. È quello che sa piegarsi con il vento, quello che rispetta una forza più grande della sua. Sei intelligente, Tiago. Ma non confondere l’intelligenza con la saggezza. Essere saggi ai propri occhi è l’albero più facile da spezzare.”

Prese la sua vecchia Bibbia dal banco di lavoro.

“Il tuo problema non è la mancanza di riposo. È la mancanza di timore. Non la paura che paralizza, ma il rispetto che ci mette al nostro giusto posto. Quando temi il Signore, capisci che non hai bisogno di avere tutte le risposte. Ti allontani dal male di voler essere Dio nella tua stessa vita. E sai cosa succede? Il tuo corpo si rilassa. Le tue ossa trovano refrigerio.”

Le parole del nonno, così semplici e analogiche, penetrarono nell’armatura di dati di Tiago in un modo che nessuna diagnosi medica era riuscita a fare. Guardò le sue stesse mani, sempre a digitare, a controllare, a ottimizzare. E guardò le mani del nonno, callose, ma serene.

Quella settimana, Tiago fece qualcosa di radicalmente inefficiente. Si prese un pomeriggio libero. Non per una “ricarica strategica”, ma solo per camminare senza meta in un parco. Disattivò le notifiche del cellulare. Si sedette su una panchina e osservò gli alberi, i bambini, le nuvole.

Provò a pregare. Fu goffo. Non chiese nulla. Riconobbe soltanto, per la prima volta, di non essere il centro dell’universo. Che c’era una saggezza molto più grande della sua, un Progettista dietro l’intero sistema. Fu un atto di umiltà, un “evitare il male” della propria arroganza.

L’emicrania non scomparve da un giorno all’altro. Ma, alla fine di quel pomeriggio, sentì qualcosa che non provava da anni. Una leggerezza sulle spalle. Un silenzio nella sua mente. Un refrigerio sottile, ma reale, che sembrava raggiungere le sue ossa. Stava solo iniziando a imparare che la vera salute non veniva da un algoritmo, ma da una resa.

(Realizzato con IA)

Questo racconto fa parte del mio libro Saggezza Quotidiana

https://books2read.com/u/mqLxkZ

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