Figlio mio, se ricevi le mie parole e serbi con cura i miei comandamenti, prestando orecchio alla sapienza e inclinando il cuore all’intelligenza … a riflessione veglierà su te, e l’intelligenza ti proteggerà. Proverbi 2:1-2, 11
Lo schermo del computer portatile di Léo brillava con le parole che lo tormentavano: “La fede è l’abbandono della ragione. La religione è l’oppio dei popoli. I miracoli sono la stampella degli ignoranti.” Erano stralci di un dibattito online che aveva visto, e ogni argomento scettico sembrava un altro colpo alla struttura già vacillante della sua fede.
Era cresciuto in chiesa. Le storie bibliche erano la sua ninna nanna. Ma ora, all’università di ingegneria, circondato da equazioni, prove empiriche e un cinismo intellettuale contagioso, la sua fede infantile sembrava ingenua, fragile. Come poteva credere in un Mar Rosso che si apriva quando passava la giornata a calcolare la resistenza dei materiali?
La sua crisi raggiunse l’apice quando a sua madre fu diagnosticata una malattia degenerativa. Pregò come mai prima. Chiese, supplicò, digiunò. E le sue condizioni peggiorarono soltanto. Il silenzio di Dio era assordante.
In una notte di frustrazione, aprì la Bibbia che non toccava da mesi, quasi per sfida. Voleva trovare una falla, una contraddizione che gli desse il permesso di rinunciare una volta per tutte. Le sue dita sfogliarono le pagine sottili e si fermarono sui Proverbi. Lesse: “Figlio mio, se ricevi le mie parole e serbi con cura i miei comandamenti, prestando orecchio alla sapienza e inclinando il cuore all’intelligenza; sì, se chiami il discernimento e rivolgi la tua voce all’intelligenza, se la cerchi come l’argento e ti dai a scavarla come un tesoro, allora comprenderai il timore dell’Eterno, e troverai la conoscenza di Dio.”
L’immagine lo colse di sorpresa. Cercare come l’argento. Cercare come un tesoro nascosto. Non lo aveva mai fatto. La sua fede era un bene ereditato, un mobile antico nella casa della sua mente, che non si era mai dato la pena di lucidare o esaminare da vicino. L’aveva accettata passivamente, e ora la scartava passivamente.
Quella notte, Léo prese una decisione. Non avrebbe abbandonato la sua fede. L’avrebbe scavata.
Comprò quaderni, penne colorate e si immerse nelle Scritture con la stessa metodologia che usava per studiare calcolo. Iniziò a leggere non solo versetti, ma capitoli e libri interi, cercando il contesto. Annotava i suoi dubbi, le sue frustrazioni, le sue domande. Dove la Bibbia sembrava contraddittoria, ricercava a fondo, leggeva commenti di teologi, studiava la storia e la lingua originali. Invocava l’intendimento nelle sue preghiere, non chiedendo più guarigioni miracolose, ma saggezza.
“Signore, aiutami a capire,” era la sua nuova preghiera.
I suoi amici dell’università lo deridevano.
“Sprechi il tuo tempo con le favole, Léo?”
Ma non stava sprecando tempo. Stava trovando qualcosa.
Il tesoro che dissotterrò non era uno scrigno di risposte facili. Il tesoro era il carattere stesso di Dio, che si rivelava tra le righe. Vide un Dio che non era un mago cosmico, ma un Padre sovrano che camminò con Giobbe nel dolore, che usò il dubbio di Tommaso per rivelare la Sua gloria e che pianse sulla tomba di Lazzaro prima di risuscitarlo.
Capì che la fede non era l’abbandono della ragione, ma cosa fare quando la ragione raggiunge il suo limite.
Un pomeriggio, era in ospedale, leggendo il libro dei Salmi ad alta voce per sua madre. Lei dormiva, il volto sereno nonostante il dolore. La malattia non era regredita. Ma la pace che Léo sentiva non dipendeva più da questo. Mentre leggeva, si accorse che un giovane medico lo osservava dalla porta.
“È difficile,” disse il medico, con empatia. “Passare attraverso questo.”
“Sì, lo è,” rispose Léo. “Ma ho trovato uno scudo.”
Il medico aggrottò la fronte.
“Scudo?”
“La certezza che, pur non capendo il ‘perché’, io conosco il ‘Chi’. Conoscere Dio, il suo carattere, la sua bontà… questo mi protegge dal cadere nella disperazione. Mi libera dalla via dell’uomo malvagio, che in questo caso sarebbe l’amarezza.”
Il medico, un uomo di scienza, rimase in silenzio per un momento, elaborando le parole.
“Vorrei avere uno scudo così,” confessò a bassa voce.
Léo guardò sua madre, poi il libro sul suo grembo. La ricerca era valsa la pena. Non aveva trovato oro o argento, ma qualcosa di infinitamente più prezioso. Aveva cercato l’intendimento e aveva trovato la prudenza. Aveva invocato la saggezza e aveva ricevuto la conoscenza di Dio. E questo tesoro, ora lo sapeva, nessuno avrebbe potuto rubarlo. Era il suo scudo. Per sempre.
(Realizzato con IA)
Questo racconto fa parte del mio libro Saggezza Quotidiana
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