martedì 12 agosto 2025

Il Suono del Silenzio

La sapienza grida per le vie, fa udire la sua voce per le piazze; negli incroci affollati essa chiama, all’ingresso delle porte, in città, pronuncia i suoi discorsi … Allora mi chiameranno, ma io non risponderò; mi cercheranno con premura ma non mi troveranno. … Infatti il pervertimento degli insensati li uccide e la prosperità degli stolti li fa perire, ma chi mi ascolta starà al sicuro, vivrà tranquillo, senza paura di nessun male. Proverbi 1:20, 28, 32-33

Jonas fece scorrere il dito sullo schermo del tablet, scartando la notifica con un sospiro di impazienza. Era un altro articolo condiviso da sua sorella, Cláudia: “I Pericoli dell’Indebitamento Aggressivo in Tempi di Crisi”. Archiviò il messaggio senza leggerlo.

“So quello che sto facendo,” mormorò tra sé.

Era in cima al mondo, o almeno in cima al suo mondo. La sua impresa edile, la “Jonas Edificazioni”, aveva ottenuto l’appalto per un condominio di lusso, il suo progetto più grande fino ad allora. Ci era riuscito con una strategia audace: leva finanziaria massima, pesanti prestiti bancari e la promessa di consegna in tempi record. I “vecchi” del settore lo chiamavano imprudente. Lui si definiva un visionario.

La voce della saggezza, per Jonas, era solo rumore di fondo.

Urlava nella piazza pubblica della sua quotidianità. Era il suo direttore di banca, un uomo cauto, che gli consigliava: “Jonas, questo tasso di interesse variabile è una scommessa pericolosa. Lo scenario potrebbe cambiare.” Jonas lo ignorò, cercando un prestito iniziale più alto.

Era il suo capomastro, il vecchio Batista, con le mani callose e decenni di esperienza, che diceva: “Dottor Jonas, non possiamo tagliare i costi sulle fondamenta. Questo terreno qui è insidioso. Una pioggia più forte…” Jonas lo interruppe con un gesto, accusandolo di essere pessimista e di voler ritardare il cronoprogramma.

Era sua moglie, che gli chiedeva di esaminare insieme le finanze, di creare una riserva.

“Stiamo vivendo al limite, Jonas. E se qualcosa dovesse andare storto?”

Lui rispondeva con arroganza: 

“Fidati di me. L’errore è per i deboli.”

Odiava l’istruzione e derideva qualsiasi rimprovero. Considerava la cautela una debolezza e la prudenza, un sinonimo di codardia. Era il padrone del suo destino, l’architetto del suo successo.

Poi, la calamità arrivò. Non come un tuono, ma come una pioggia fine e persistente che nessuno prese sul serio all’inizio. Un piccolo cambiamento nella politica economica del governo fece schizzare i tassi di interesse. Il costo del suo prestito raddoppiò da un giorno all’altro. Poi, arrivarono le piogge estive, più forti del previsto. Il terreno del cantiere, esattamente come Batista aveva avvertito, iniziò a cedere, compromettendo parte della struttura.

Il disastro che tanto disprezzava lo divorò vivo.

Le telefonate dei creditori divennero la sua musica d’ambiente. I fornitori sospesero le consegne. Il cliente minacciò di rescindere il contratto. Il panico, un sentimento che non conosceva, si installò nel suo petto come un inquilino violento.

Disperato, iniziò a cercare l’aiuto che prima rifiutava.

Chiamò il direttore della banca, implorando una rinegoziazione. La voce dall’altra parte fu fredda e protocollare: “Mi dispiace, signor Jonas, ma non c’è nulla che possiamo fare al momento. Lei era consapevole dei rischi.”

Cercò il capomastro, Batista, che si era già dimesso. Lasciò diversi messaggi.

“Ho bisogno del suo consiglio! Cosa devo fare?” I messaggi non ebbero mai risposta.

La sera, trovò sua moglie in soggiorno, il volto abbattuto, con una pila di conti sul tavolo.

“Avevi ragione,” disse, con la voce rotta. “Dobbiamo parlare. Aiutami a capire.”

Lei lo guardò, e per la prima volta lui vide non amore o ammirazione, ma una profonda stanchezza.

“Ci ho provato, Jonas. Per mesi, ci ho provato. Adesso… non so più cosa dire.”

Era l’eco esatto del proverbio. Lui ora li invocava, ma loro non rispondevano. Li cercava all’alba, ma trovava solo il silenzio. La saggezza che aveva disprezzato, ora, nel momento del suo bisogno più grande, si rifiutava di ascoltarlo.

Seduto nel suo ufficio lussuoso, che presto non sarebbe più stato suo, Jonas aprì il tablet. L’articolo di sua sorella era ancora lì, nell’archivio. Lo lesse. Ogni paragrafo era una descrizione precisa del suo naufragio. La saggezza era stata lì tutto il tempo. Non era nascosta. Stava urlando nelle strade, nei consigli, negli avvertimenti.

Non era stato vittima della sfortuna o di un’economia infida. Era stato vittima della sua stessa arroganza. Aveva amato la sua derisione e odiato la conoscenza. E ora, assaporava il frutto amaro del suo stesso cammino, sazio dei suoi stessi artifici. L’unico suono che restava era il silenzio assordante di tutte le voci che si era rifiutato di ascoltare.

(Realizzato con IA)

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